1° Non abbiamo praticamente spese di struttura perché ogni operatore volontario si paga viaggio, vitto e alloggio. Le uniche spese formalmente di struttura sono i compensi per la gestione contabile e della sede di Anina che però funziona anche per l'attività sociale pura (riscaldamento e luce). Quindi ogni denaro è usato per le attività. Ci sosteniamo con l'impegno materiale dei fondatori e con l'aiuto economico degli associati e simpatizzanti.
2° Cerchiamo di dare ai bambini/ragazzi una base per costruire il proprio futuro, nella convinzione che tutti abbiano un talento da valorizzare e spetti a noi adulti indirizzare i giovani. Quindi, con le varie attività (di cui qui vedete esempi), cerchiamo di fornire basi, princìpi e regole (la vita è fatta anche di regole). In particolare vogliamo insegnare che esistono dei diritti civili ma anche dei doveri.
Siamo consapevoli che dare a un bambino la possibilità di costruirsi la vita vuol dire anche contribuire a migliorare il mondo e quindi anche il nostro stesso futuro.
3° Evitiamo pura beneficenza ma, agli adulti, diamo lavoro in modo da ottenere:
- la soddisfazione del guadagno del proprio impegno;
- l'insegnamento di un mestiere (non poche persone che hanno lavorato all'intervento Bradet ora fanno i muratori avendo imparato le prime basi con noi);
- la costruzione/ristrutturazione di edifici e ambienti utili a tutta la comunità (scuola, asilo, sale, ecc...).
Cerchiamo quindi di diffondere l'idea di una fratellanza umana che superi confini e barriere. Siamo italiani e aiutiamo rumeni perché l'Europa è un "fazzoletto nel mondo" e i giovani rumeni saranno anch'essi i nuovi europei.
Non siamo una associazione di matrice religiosa ma molti di noi credono fortemente nella Provvidenza Divina, altri non sono credenti ma è certo che tutti noi lavoriamo per "il bene", in una unione che supera le differenze di credo e ci unisce per un "alto obiettivo comune".
Queste frasi, di Papa Francesco, ci trovano molto d'accordo:
<<Ci sono ancora milioni di bambini e bambine che soffrono e vivono in condizioni molto simili alla schiavitù. Non sono numeri: sono esseri umani con un nome, con un volto proprio, con un’identità che Dio ha dato a loro. Non possiamo essere indifferenti a tutto. Troppo spesso dimentichiamo la nostra responsabilità e chiudiamo gli occhi di fronte allo sfruttamento di questi bambini, che non hanno il diritto di giocare, di studiare, di sognare. Non hanno neanche il calore di una famiglia. Il grido di queste situazioni non può passare inosservato: ogni bambino emarginato, abbandonato dalla sua famiglia, senza istruzione, senza assistenza medica, è un grido! Un grido che si eleva a Dio e denuncia il sistema che noi adulti abbiamo costruito. Un bambino abbandonato è colpa nostra.
Non possiamo più continuare a vivere in questo modo: non possiamo più permettere che si sentano soli e abbandonati; devono ricevere un’educazione e sentire l’amore di una famiglia, per sapere che Dio non li dimentica. >>
(5/11/2022)
<<…. Ma nella vita c’è un’altra paralisi ancora più pericolosa e spesso difficile da identificare, e che ci costa molto riconoscere. Mi piace chiamarla la paralisi che nasce quando si confonde la FELICITÀ con un DIVANO! Sì, credere che per essere felici abbiamo bisogno di un buon divano. Un divano che ci aiuti a stare comodi, tranquilli, ben sicuri. Un divano, come quelli che ci sono adesso, moderni, con massaggi per dormire inclusi, che ci garantiscano ore di tranquillità per trasferirci nel mondo dei videogiochi e passare ore di fronte al computer. Un divano contro ogni tipo di dolore e timore. Un divano che ci faccia stare chiusi in casa senza affaticarci né preoccuparci. La “divano-felicità” è probabilmente la paralisi silenziosa che ci può rovinare di più, che può rovinare di più la gioventù. “E perché succede questo, Padre?”. Perché a poco a poco, senza rendercene conto, ci troviamo addormentati, ci troviamo imbambolati e intontiti. ............Sicuramente, per molti è più facile e vantaggioso avere dei giovani imbambolati e intontiti che confondono la felicità con un divano ………..
Ma la verità è un’altra: cari giovani, non siamo venuti al mondo per “vegetare”, per passarcela comodamente, per fare della vita un divano che ci addormenti; al contrario, siamo venuti per un’altra cosa, per lasciare un’impronta. E’ molto triste passare nella vita senza lasciare un’impronta. Ma quando scegliamo la comodità, confondendo felicità con consumare, allora il prezzo che paghiamo è molto ma molto caro: perdiamo la libertà. Non siamo liberi di lasciare un’impronta. Perdiamo la libertà. …..
Proprio qui c’è una grande paralisi, quando cominciamo a pensare che felicità è sinonimo di comodità, che essere felice è camminare nella vita addormentato o narcotizzato, che l’unico modo di essere felice è stare come intontito. E’ certo che la droga fa male, ma ci sono molte altre droghe socialmente accettate che finiscono per renderci molto o comunque più schiavi. Le une e le altre ci spogliano del nostro bene più grande: la libertà. Ci spogliano della libertà.>>
( G.M.G. a Cracovia il 30/7/2016)